In difesa delle donne… oppure della loro “stessa” notorietà?

Posted on 29/03/2012

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-Di Anna Vanzan

Il 3 aprile si svolgerà a Bologna una tavola rotonda dal titolo:
“Una scelta di diritto: se mi sposo è per amore”, all’interno del progetto biennale “Contrasto ai matrimoni forzati nella provincia di Bologna: agire sul locale con una prospettiva internazionale”.

Tanti relatori, soprattutto politici, e due esperti, uno di diritto islamico e una donna marocchina. Già, ovviamente i matrimoni forzati si svolgono solo all’interno delle comunità islamiche ça va san dire: nell’Islam si annidano i peggiori nemici delle donne, dei diritti umani, delle democrazia e chi più ne ha più ne metta. E infatti, l’evento è sponsorizzato niente popò di meno che dalla Vodafone: avete notato che basta parlare male della cultura islamica e, nonostante ormai nessuno dia un soldo per le attività culturali, in questo caso si trovano subito i finanziamenti?

E chi è che parlerà in nome delle donne musulmane: Dounia Ettaib. Piccolo promemoria per chi non la ricordasse: giovane donna di origine marocchina, presidente dell’Associazione donne arabe d’Italia, in sostituzione della sua infaticabile fondatrice, Souad Sbai. A proposito, le donne arabe in Italia sono solo marocchine? E dove e quando hanno fatto le elezioni per la presidenza? Immagino ci saranno state migliaia di donne accorse per votare, chissà che spettacolo, tutte quelle donne velate… ah no, Ettaib e Sbai non usano il velo e sono ferocemente anti hijab, chissà se alle arabe che indossano il velo è permesso iscriversi all’associazione…

Ma no, forse tutti sanno chi Dounia Ettaib, perché anche lei gira con l’immancabile scorta di protezione dopo che è minacciata da alcuni uomini (musulmani, of course) presso la moschea di via Jenner a Milano.

Beh, la scorta fa parte dell’immancabile corredo dei musulmani (o ex tali) che vogliono fare carriera politica da noi… Eh già, ormai il gruppo dei “musulmani di professione” o, meglio “di carriera” da noi è folto, qualcuno è a Montecitorio, altri addirittura a Strasburgo.

Ma una volta arrivati a sedersi sullo scranno del potere, tutti questi personaggi si ricordano delle donne musulmane o di tutti gli altri per cui avevano detto di voler lottare? O sono troppo occupati a scrivere memoriali sulle loro vicissitudini personali per gli editori di grande distribuzione, per infoltire la già densa bibliografia di cahiers de doléance sull’Islam e da presentare nei talk show del Vespa di turno?

Nessuno nega che all’interno delle società islamiche, comprese quelle in diaspora, ci siano problemi, né che molte delle discriminazioni di cui soffrono le musulmane siano perpetuate da personaggi che parlano “in nome dell’Islam”: ma chi fa una bandiera di questi problemi per procurarsi notorietà e la chiave d’entrata in politica non è interessato a risolverli. Vuole solo costruirsi una carriera di musulmano che parla male dell’Islam e che ha il diritto di farlo perché parla “dall’interno” e ne sa più degli altri.